Riscaldamento globale. Deriva tutto dal Sole o c’è ben altro? (inquinanti ed interferenti, rifiuti, scie chimiche?)

E’ ben nota l’esistenza dei cicli solari e della loro influenza sulla temperatura atmosferica. Certamente ai tempi degli antichi romani, non c’era l’industrializzazione o i combustibili fossili e pare facesse ben più caldo di adesso (recentemente, l’estate del 2003 è stata forse la più calda degli ultimi 20 anni), fatto sta che da quasi 2 secoli a oggi sembra come che la terra stia come subendo una lenta “cottura”. Negli ultimi 50 anni abbiamo assistito ad una netta accelerazione dell’incremento della temperatura…

In una estesa Invited Review pubblicata su Research in Astronomy and Astrophysics (IOP Publishing), un gruppo internazionale di 23 scienziati esperti in fisica solare, astronomia e nei cambiamenti climatici – che include anche il professore Nicola Scafetta del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse della Federico II – mostra che è prematuro dare la colpa al riscaldamento climatico osservato dal 1900 ad oggi principalmente alle emissioni antropiche di gas serra. Lo studio contraddice la conclusione principale dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite, ripetuta anche nell’ultimo rapporto (Sixth Assessment Report, AR6) pubblicato in agosto, in quanto questo è basato su dati parziali e incompleti che non sono sufficienti per valutare correttamente l’effetto del Sole sul clima della Terra.

Molti altri pianeti del sistema solare, si stanno scaldando progressivamente, altri no; presso di loro non sussistono ovviamente emissioni antropogeniche.

Sicuramente le emissioni delle auto non sono causa principale del surriscaldamento attuale, sulla terra. Basti pensare che solo 200 navi da crociera inquinano quanto 4 volte tutto il parco automobilistico europeo. L’aereo comunque, anche se rimane un mezzo molto sicuro, è comunque il più inquinante in assoluto. Peraltro per il controllo delle precipitazioni poi, a volte vengono sparate scariche elettriche o per il “cloud seeding” viene utilizzato anche lo ioduro d’argento (che se puro è tossico per l’uomo, gli animali e le piante. Va detto che ci sono state delle controversie sull’uso dello ioduro d’argento per modificare il clima per generare pioggia; viene creato artificialmente attraverso un processo chimico). Lo ioduro d’argento funge da nuclei di condensazione per far piovere, ma non è l’unica sostanza utilizzabile, anche spesso sparata dagli aeroplani.

Notizia che non tutti conoscono, è che pure la plastica possa influenzare il clima. 

Secondo molti ricercatori, la presenza di minuscole particelle di plastica nelle nuvole rischia di contaminare tutto ciò che mangiamo e beviamo. Citando il report “Plastic & Climate” la produzione, l’incenerimento e lo smaltimento della plastica aggiungono all’atmosfera più di 850 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. L’inquinamento da microplastiche sta minacciando i nostri ecosistemi, contaminando in modo esponenziale anche le regioni più remote del pianeta.  I ricercatori hanno trovato diversi tipi di polimeri e gomma nell’acqua delle nuvole che circondano il Monte Fuji, la montagna più grande del Giappone, e il Monte Ōyama. Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Chemical Letters, si aggiunge a un crescente numero di prove che dimostrano come l’inquinamento da plastica sia una delle cause del cambiamento climatico. L’abbondanza di questi polimeri in alcuni campioni suggerisce che potrebbero aver agito come “nuclei di condensazione” del ghiaccio delle nubi e dell’acqua. Questi nuclei sono minuscole particelle su cui si condensa il vapore acqueo nell’atmosfera, quindi sono essenziali per la formazione delle nuvole.

“Nel complesso, i nostri risultati suggeriscono che le microplastiche ad alta quota potrebbero influenzare la formazione delle nuvole e, a loro volta, modificare il clima.

Altro problema sono i pesticidi chimici…

Purtroppo non viene quasi mai utilizzato il semplice aceto, che sarebbe già un buon insetticida; spesso si sente parlare di Glifosato. Il 15 dicembre 2023 è scaduta la sua autorizzazione all’utilizzo e la Commissione europea ha proposto in questi giorni di rinnovare l’utilizzo di questo erbicida per altri 10 anni. La UE lo ritiene sicuro, ma quali potenziali rischi ci possono essere per il consumatore? 

Nel 2022 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha effettuato una valutazione dei pericoli posti dal glifosato e il 30 maggio 2022 ha comunicato la sua conclusione, confermando la valutazione già effettuata nel 2017: secondo l’Agenzia, il glifosato rimane una sostanza che può provocare lesioni oculari e risultare tossica per gli organismi acquatici, ma non soddisfa i criteri scientifici di classificazione come sostanza cancerogena, mutagena o reprotossica.

A sua volta l’EFSA (autorità per la sicurezza alimentare) ha comunicato il 6 luglio scorso l’esito della sua valutazione, che ha tenuto conto non solo delle conclusioni tratte dal gruppo di valutazione e dall’ECHA, ma anche di quanto emerso dai 2400 studi analizzati e dai commenti ricevuti durante la consultazione pubblica e la valutazione che ha coinvolto 90 esperti nominati dagli Stati membri. Nelle sue conclusioni l’Autorità europea ha comunicato di non aver evidenziato alcuna area di preoccupazione critica, cioè relativa a tutti gli usi dell’erbicida, anche se ha indicato che su alcuni aspetti, quali ad esempio la valutazione di un’impurità presente nel glifosato o quella dei rischi per le piante acquatiche, la mancanza di dati non ha consentito di arrivare a conclusioni certe.

Gli esiti ufficiali degli ultimi controlli effettuati nel nostro Paese sono rassicuranti: il 96% degli ortaggi e il 94% dei cereali è risultato privo di residui di glifosato. Anche a livello europeo la situazione parrebbe rassicurante: nel 98,5% dei campioni nei quali è stato ricercato non c’era traccia di glifosato e solo lo 0,15% dei campioni superava il limite di legge.

Anche la rivista Altroconsumo ha ricercato il glifosato in alcuni test, ad esempio su 22 campioni di spaghetti analizzati, è stato riscontrato solo su 3 confezioni, ma pareva in quantitativi estremamente bassi. I valori osservati, infatti, sono compresi tra 0,013 e 0,061 mg/kg, di gran lunga inferiori al limite previsto dalla legge che, nel caso del grano, è pari a 10 mg/kg.

Per dare un’idea concreta, se si considera la dose giornaliera tollerabile, fissata dall’EFSA e pari a 0,5 mg/kg di peso corporeo, un bambino di 16 kg (circa 3 anni) potrebbe mangiare, senza correre alcun rischio per la propria salute, fino a 130 kg dei nostri spaghetti più contaminati ogni giorno, mentre un adulto di 75 kg ne potrebbe mangiare più di 600 kg. 

Nei decenni il glifosato ha conosciuto un largo impiego agricolo ma nel tempo sono intervenute varie restrizioni al suo utilizzo che vanno da semplici precauzioni a veri e propri divieti di uso o produzione. 

Infatti, nel nostro Paese già dal 2016, con apposito decreto, è stato vietato l’utilizzo del glifosato nella fase di pre-raccolta, se tale utilizzo viene effettuato ai fini di ottimizzare la fase stessa di raccolta e trebbiatura. Inoltre, l’utilizzo del glifosato è stato vietato nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili e aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie.

Ancora, ai fini della protezione delle acque sotterranee, il nostro Ministero ha sancito l’obbligo di indicare in etichetta il divieto d’impiego su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80% e di altre aree vulnerabili e zone di rispetto nel caso di usi non agricoli.

Ha vietato, infine, la commercializzazione di tutti gli agrofarmaci contenenti glifosato e il coformulante ammina di sego polietossilata, per il quale l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare aveva riconosciuto effetti tossici significativi. 

Il glifosato è un’erbicida che viene spruzzato su molte colture come mais, soia, grano e avena e che irrimediabilmente ritroviamo in molti prodotti che consumiamo tutti i giorni come crackers, cereali da colazione e biscotti, ma pure su pizze e schiacciate. Molti agricoltori hanno il vizio di usarlo anche prima della stagione di crescita. Ne fanno parte anche i coltivatori di spinaci e quelli che producono mandorle.

In laboratorio il glifosato provoca danni genetici e stress ossidativo. Tuttavia…l’approvazione di un principio attivo, ovvero la sostanza che permette il funzionamento di un agrofarmaco, avviene a livello europeo. La richiesta di autorizzazione viene inviata a EFSA, dopo che una prima bozza di valutazione è stata redatta da uno Stato membro designato dalla Commissione europea. EFSA svolge una revisione scientifica dei dati forniti e prende in considerazione la valutazione di ECHA, che ha il compito di valutare i pericoli posti dalle sostanze chimiche commercializzate in UE e di proporre una loro classificazione ed etichettatura in relazione ai diversi effetti sull’ambiente e sulla salute. Dopo la valutazione di EFSA ed ECHA, la Commissione Europea può prendere una decisione sull’autorizzazione all’impiego del principio attivo a livello europeo. 

L’autorizzazione dei singoli agrofarmaci avviene, poi, a livello nazionale. In Italia, il produttore presenta una richiesta di registrazione dell’agrofarmaco al Ministero della Salute. Il Ministero, una volta verificato che tutti i documenti richiesti siano completi, insieme a un Istituto valutatore e alla Sezione consultiva per i Fitosanitari, esegue una valutazione del rischio che riguarda l’efficacia del prodotto, la sua sicurezza e gli effetti sull’ambiente. Se l’esito della valutazione è positivo, il Ministero della Salute rilascia l’autorizzazione all’immissione in commercio e il prodotto viene inserito nella banca dati dei prodotti fitosanitari utilizzabili.

Fatto sta comunque che l’energia necessaria per produrre tutto il glifosato impiegato in tutto il mondo nel 2014 era pari all’energia annuale necessaria per alimentare 6,25 milioni di automobili». E’ una delle sorprendenti scoperte del rapporto “Pesticides and Climate Change: A Vicious Cycle”, pubblicato da Pesticide Action Network North America (PANNA) che descrive in dettaglio come interagiscono pesticidi e cambiamento climatico, finendo per rendere il nostro sistema alimentare meno giusto e resiliente. Il 99% di tutte le sostanze chimiche sintetiche, compresi i pesticidi, sono prodotte da combustibili fossili e le principali multinazionali petrolifere, ExxonMobil, ChevronPhillips Chemical e Shell, producono tutte pesticidi o loro precursori chimici. Anche trasformare i prodotti petrolchimici in pesticidi richiede un’enorme quantità di energia. I governi stanno investendo miliardi di dollari per affrontare il cambiamento climatico, ma questi investimenti falliranno tristemente (impoverendo le popolazioni) a meno che non incorporino strategie di riduzione dell’uso di pesticidi e promozione di pratiche di coltivazione agroecologiche, che lavorano con la natura invece che contro di essa, concentrando il potere decisionale su agricoltori, braccianti agricoli, popolazioni indigene e comunità locali».

Bisognerebbe puntare ad aumentare i finanziamenti per la ricerca agricola e l’agricoltura alternativa. Il rapporto invita i governi a «Investire in programmi che incoraggino la condivisione delle conoscenze tra le aziende agricole, aumentare l’assistenza tecnica e gli aiuti finanziari agli agricoltori che attualmente praticano o sperano di praticare l’agroecologia.

Oltre alla probabile cancerogenicità ipotizzata dall’Agenzia internazione sul cancro, l’erbicida ha accumulato su se molti sospetti. Anche quando presente in dosi molto basse. Una delle ultime ricerche è quella pubblicata sulla rivista ScienceDaily dai ricercatori dell’Università di Turku in Finlandia che ha trovato come il 54% delle specie batteriche intestinali del nucleo umano sono potenzialmente sensibili a presenze anche ridotte di questo erbicida. E gli effetti sul microbiota umano, la popolazione di 500 specie diverse di batteri che vivono nel nostro intestino, potrebbero essere ovviamente molto seri. E avere pesanti riflessi sulla nostra salute, soprattuto per chi, come noi, mangia molta pasta.

Preoccupano, poi, le continue evidenze che il glifosato influenzi il nostro sistema endocrino. In un articolo pubblicato sulla rivista Chemosphere intitolato “Glyphosate and the key features of an endocrine disruptor: A review“, un trio di scienziati ha concluso che il glifosato sembra avere otto caratteristiche chiave su dieci associate a sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino. Non solo, sempre la stessa ricerca ha concluso che l’esposizione cronica a basse dosi dell’erbicida può avere un impatto sulla funzione ovarica. Ancora prima era stato l’istituto Ramazzini ad arrivare alle stesse conclusioni.

In Lussemburgo come in altre nazioni è stato recentemente vietato il suo utilizzo.

Sicuramente le tipologie di pasta contenenti pesticidi e micotossine in maggiori quantità sarebbero da evitare, soprattutto per i bambini, assolutamente.

Alcuni tipi di frutta e verdura, conterrebbero le dosi residue più elevate di pesticidi interferenti endocrini, sostanze che possono alterare il metabolismo ormonale.

È quanto emerge da una denuncia di PAN Europe (Pesticide Action network), un network di organizzazioni non governative che promuove alternative sostenibili e naturali all’uso dei pesticidi.

Questo cocktail chimico che riveste frutta e verdura è correlato a riduzione della fertilità, aumento di alcuni tipi di tumore, pubertà precoce, diabete e obesità: gli interferenti sono presenti, in varia misura, anche in farmaci, cosmetici, contenitori di plastica e rivestimenti per lattine, mangimi per animali.

La questione è delicata e al centro di un costante dibattito; gli alimenti su cui sono state trovate maggiori tracce di residui di pesticidi interferenti sono lattuga, pomodori, cetrioli, mele, pesche, peperoni e fragole. Meno contaminati risultano banane, carote, piselli e in generale gli ortaggi protetti da una buccia più spessa; ad ogni modo lavaggi accurati o meglio cotture, possono rimuovere dal 15% a ben oltre il 60% di tali sostanze potenzialmente nocive.

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